La caduta di Roma e la genetica italiana

Qualsiasi giornale in questi giorni ci tiene a tenerci informati sulla immondizia che è uscita allo scoperto a Roma, con Buzzi, Carminati e la corruzione che collega a doppio filo mafia, politica e istituzioni.

Leggiamo quelle righe come se fosse una puntata di una serie televisiva già vista, come un fatto di cronaca, come l’ennesimo spunto per le chiacchiere da bar, per sputare addosso a questa Italia malata.

Quanto durerà questa pantomima? Una settimana? Un mese? Almeno finché non ci sarà una partita della nazionale?

Perché quello che sta succedendo a Roma, di una gravità abissale, in realtà accade ogni giorno sotto i nostri occhi. La collusione, la sporcizia, il marcio… lo conosciamo tutti. Certo, non tutti lo conoscono a livelli così alti, ma se guardiamo in basso, al sindaco del paesello di provincia, ai bandi dei concorsi pubblici, all’esercente sotto casa, all’imprenditore che si crede furbo, un po’ di quell’immondizia, specchio di una discarica globale tutta italiana, la vediamo eccome.

E non è vero che è un’altra storia: la legalità è una sola, da qualsiasi parte la si guardi, destra o sinistra, basso o alto.

E a che cosa serve indignarsi se poi siamo i primi, magari, a pagare un affitto in nero o a somministrarlo, ad accettare che la parrucchiera non ci faccia lo scontrino, a fare un favore a Tizio nella speranza che Caio, dei piani alti, ci noti, ad accettare di lavorare in nero, a piegarci continuamente alla burocrazia che fa uscire matti, ad accettare il giochetto strano che fa il commercialista che – «non so cosa sia ma – fa risparmiare 300 euro sulle tasse».

Certo, noi piccoli che ci possiamo fare? Siamo solo una parte misera di un sistema che, altrimenti, ci mangerebbe vivi. Di una casa abbiamo bisogno tutti, così come di risparmiare, lavorare, pagare le tasse e anche il televisore al plasma.

Ma allora chissenefrega della retorica del buon costume, chissenefrega dell’informazione, chissenefrega dell’istituzione mafiosa. Accettiamo che tutti siamo della stessa pasta e via.

E chi non ci riesce come fa? Si fa venire il mal di pancia, per non dire altro. Si ammala di ingiustizia. Parla o scrive a vuoto come sto facendo io ora. Si tappa orecchie, naso e bocca, per non vomitare una vita di sacrifici. Continua a sopravvivere nella discarica sognando solo che un giorno finirà all’estero (lui stesso, non la discarica, anche se è vero l’opposto per molti).

Perché non è vero che tutto il mondo è Paese, non è vero che si stava meglio quando si stava peggio, non è vero che una volta non era così.

In bocca al lupo di cuore a me e a tutti noi, malati di italianità, volenti o nolenti, nel bene o nel male. Diritto e dovere di nascita. Geneticamente italiani.

5 pensieri riguardo “La caduta di Roma e la genetica italiana

  1. Un amico di mio padre aveva una tosse che non gli passava mai.
    Mio padre: “eh ma dovresti andare dal dottore”
    Lui: “ci son stato ma m’ha detto di smettere di fumare”
    Mio padre, notando la sigaretta: “eh ma…. e quindi?”
    Lui, alzando la voce: “eh ma fumava anche lui!!!! Me l’ha detto mentre fumava…!!! Scusa eh!?!”

    Piace a 1 persona

  2. Sconfortante davvero, ma almeno un pezzo di verità è finalmente venuto a galla. E’ come per i malati: finché non ammettono la malattia non possono cominciare a curarsi. Ora però si innesca la seconda peculiarità italiana: fare tanto rumore, sommergere tutto in un mare di chiacchiere e in un processo infinito in modo da dimenticare in fretta.

    Piace a 1 persona

Scrivi una risposta a Bia Cancella risposta